19/03/09

Fiabe



Un' improvvisa nostalgia dell'infanzia mi coglie proprio mentre mi infilo il pigiama. Sono le 10 e mezzo di sera e ho un sonno pazzesco, ma la nostalgia, dopo aver combattuto con la stanchezza, vince e ora mi trascina verso la libreria di mio padre neanche mi avesse preso per mano. Cerco con lo sguardo il libro con la copertina giallo canarino... non lo vedo. I piedi nudi iniziano a contorcersi per il freddo del pavimento; poi, tra La Lettera Scarlatta e Moby Dick, miro il bersaglio e mi sussurro: "trovato". Lo prendo e mi fiondo sotto le coperte, me lo giro tra le mani come un tesoro che a lungo è rimasto chiuso in qualche cassaforte e ora lo posso ammirare dopo secoli. La copertina scricchiola e metri di scotch avvolgono le pagine mezze strappate, leggo il titolo: Le fiabe dei fratelli Grimm. "Caspita, non pensavo che fosse così malridotto, da bambine eravamo due furie". Così mi metto a leggere una fiaba... poi un'altra ancora. La sveglia segna le 11:00 e il sonno aspetta dietro il ring per dare il cambio alla veglia, ma dovrà attendere ancora un po'. L'ultima fiaba come le precedeni finisce con quel soddisfacente "... e vissero felici e contenti", rimango a guardarla e la rileggo senza concentrazione. Il mio sguardo sale e sale, esce dalla pagina e si ferma nel vuoto. Penso. La mia testa è ovattata. Perchè le fiabe finiscono con "tutti felici e contenti" se sono lo specchio della società? Perchè tutto deve finire bene se, il più delle volte, questo è solo un'eccezione? Rimango a pensare alla mia storia, poi spengo la luce, mi rannicchio sul fianco destro e mi sforzo di liberare la mente.

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