24/04/09

Oggi non ho "colto l'attimo" e adesso vorrei strappare e fare a brandelli tutte quelle pagine di diario dove un po' per gioco e un po' per noia scrivevo mille e uno Carpe Diem. A quanto pare avevo quello che Francesco de Gregori in suo testo definì come "l'ultimo prezioso tentativo di stupire" e io l'ho calpestato, ho lasciato che scivolasse in una fessura stretta. Ma la cosa più divertente in tutto questo, lo sapete qual è? Che sono qui a scriverlo, con un mezzo sorriso di rassegnazione e giuro, mi faccio paura perchè sembrerebbe proprio che non me importi niente di quello che ho appena perso, quello che ho perso nello stesso istante in cui potevo averlo e non l'ho voluto. Non so se conoscete la sensazione, quella bella e vomitevole sensazione, che si prova quando con le braccia spiegate si gira veloce, più veloce ancora, e si vede la stanza che ruota, le pareti che si confondono con il pavimento, i colori che si amalgamano e tu pensi solo a girare e lotti contro l'istinto di gettarti fuori da quella giostra con il solo peso del tuo corpo e continui a girare, girare, girare. E io sto girando, non so da quanti mesi ormai o giorni o minuti o secondi. La voglia di implorare l'aiuto del pavimento per aggrapparti ad esso è forte; attrae la sua stabilità, la sua fermezza, ma volete davvero mettere un freddo e monotono pavimento contro il sapore dell'aria che ti sfiora quando vorticosamente giri su di essa?
Passerò i giorni a vedere gli altri scarabbocchiare con destrezza la firma sul contratto del loro Carpe Diem più conveniente, io rimarrò oltre il vetro appannato, ma non mi preoccuperò di pulirlo con la manica della felpa perchè anche per allora starò girando con le braccia all'infuori e gli occhi sfacciatamente chiusi.