19/12/09

La Fanciulla dei Pianeti

di Cristina Taliento

C'era una volta, in un paese molto lontano da tutto quello che per noi è vicino e scontato, una fanciulla di nobili origini. La sua casa era situata ai margini del bosco dove lei, fin dalla fanciullezza, amava passare le proprie giornate a contemplare le bellezze della natura. Un giorno, siccome le svolte, belle e sgradevoli, accadono in un preciso giorno della nostra vita, mentre la fanciulla si era attardata a leggere sulla riva di un ruscello, arrivò un giovane. Era vestito elegantemente, ma non aveva le scarpe. Quando la fanciulla lo vide pensò che egli fosse l'essere più strano che avesse mai visto, ma, nello stesso tempo, notò che la sua bellezza era superiore a quella di qualunque altra creatura terrestre. Pensò di essersi persa in un sogno, ma gli schizzi d'acqua gelida che le strisciavano il volto la riportavano alla realtà della sua situazione. Si chiese chi fosse, cosa ci facesse in giro per i boschi e, soprattutto, il perché non avesse le scarpe. Ma queste domande morirono nella sua gola non appena vide che egli si avvicinava. La fanciulla non fece in tempo di tirarsi indietro o ribellarsi che il giovane la baciò e da quel momento in poi nulla per lei fu come prima. Nell'istante del bacio le sue mani diventarono sabbia, i suoi capelli si sgretolarono al vento e della sua presenza non rimase che il suo vestito svuotato. Il giovane si guardò intorno e gridò nell'aria queste parole: "Ritroverai la tua forma cinque giorni dopo la luna nuova, poi ritornerai alla polvere. Solo con l'allineamento dei pianeti ritornerai definitivamente ciò che eri." La fanciulla voleva rispondere, lamentarsi, gridare, ma quello che produsse fu solo una folata di vento ghiacciato.
Arrivò il giorno di luna nuova e cinque giorni dopo, vicino al ruscello, la fanciulla riprese sembianze umane. Capì di avere poco tempo per chiedere aiuto, ma non sapendo a chi rivolgersi, decise di cercare il giovane dei boschi. Corse a perdifiato nella notte finché intravide da lontano il bianco cappello. Bussò alle sue spalle e implorò di liberarla dalla maledizione. Lui rispose che per accorciare i tempi dall'allineamento dei pianeti avrebbe dovuto sottoporsi ad una prova: ghiacciare il laghetto e pattinarci sopra. La fanciulla giudicò impossibile una prova simile eppure capì che non c'era tempo da perdere, così chiamò a sé i venti del Nord. Quelli risposero subito porgendo il loro aiuto. La fanciulla, dunque, chiese loro di ghiacciare il lago e loro si misero a vorticare sull'acqua fino a quando non fu ghiaccio. Ma anche così rischiava di fallire: non aveva i pattini e in un bosco è molto difficile trovare dei pattini da ghiaccio. Il tempo stava per scadere e la sua disperazione aumentava. Ma mentre era ferma, nel suo corpo umano, meditò un istante e cercò di considerare quella vicenda come un'opportunità offertale per caso.
"Sono l'aurora e il tramonto- si disse- sono la primavera e l'autunno, scirocco e tramontana. Sono nel muschio degli alberi e nel candore delle stelle; il profumo delle rose scorre nella mia essenza. Sono acqua, aria, terra e fuoco. Scorro tra le trame della seta, nelle acque calme di un ruscello, nella cavità di un violino. Mi nutro della luce, della freschezza della neve. Sono il nutrimento degli animali, la loro dimora. Sono radici, petali, semi e foglie. Il mio respiro è nella natura e tale voglio che rimanga."
La fanciulla rifiutò la prova perché nelle fiabe, anche se raramente, accade che le svolte sono fin troppo durature, che chi le ha causate, alla fine, non ha poi un ruolo così importante e che forse, anche se sembrano inaspettate, siamo pronte ad accoglierle sempre e comunque.

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