07/03/12

La metamorfosi idiota (VIII)

di Cristina Taliento

Accadeva talvolta di vedere l'adolescente arrogante ritto dinanzi al cancello di ferro, immobile nel contemplare le palme che sovrastavano il giardino. Qualcuno diceva: "Com'è cresciuto". Altri, mentre il vento soffiava, mormoravano: "Si è innamorato". Ma quell'adolescente non sapeva distinguere i sentimenti dagli alberi, non aveva ancora capito la causa di certi invischiati silenzi di morte o la ragione delle stelle, come mai così belle? Il suo cuore batteva ora in quel giardino, le sue identità crescevano nodose tra le radici della grande palma, si nascondevano tra le piume degli uccelli, volavano lungo le distese verdi insieme ai petali rosati del mandorlo. C'era uno spirito alato di bellezza nella natura. Egli lo sentiva quando la lacrima del tramonto gli tagliava il viso. Allora si chiedeva perché avesse smesso di scrivere e la sua domanda arpeggiava nella sera, volava fiammeggiante a un metro dalla sua bocca e si spegneva per la pesantezza dell'umidità. Più avanti dei bambini lanciavano in alto delle mele e prima di riprenderle al volo battevano due volte le mani. "Laggiùùù- gridò squarciagolandosi dall'alto del tiglio selvatico su cui era salito- per quale ragione voi non scrivereste?". I bambini sussultarono e si misero a correre verso il paese. Li guardò allontanarsi mentre cercava nella tasca il coltellino. Specchiò i suoi occhi di lupo nella lama. Incise nella corteccia alcuni versi di Catullo e poi saltò giù dall'albero uscendo fuori dal suo mondo, incontro al mondo delle storie sempre accese e sempre strane.
"Io non scriverei più per paura" disse alle sue spalle il fantasma del medico morto durante la Prima Guerra Mondiale. L'adolescente inciampò e cadde sulle mani, si girò sulla schiena respirando nella notte. Guardava ansimando il fantasma senza rispondere.
"Talvolta è per un giudizio critico per eccesso o per la paura, come dicevo, di affermare se stessi".
"Oppure perchè non si riesce ad afferrare la penna tanto è inconsistente la mano, messer fantasma!" sputò scontroso l'adolescente.
"Bada, ragazzo!- lo intimò con voce grave- abbi rispetto per i morti e per la tua testa. Tu non scrivi per fuggire il pensiero, per tenere conservato il dolore come olio bollente quando sai, lo sai, che scrivendo lo raffredderesti alzando una gran tempesta di vapori"
L'adolescente si alzò da terra barcollando per la rabbia e la confusione della caduta, si battè ferocemente le mani per pulirle dalla terra e dal sangue, le strofinò sui jeans e sul maglione Poi s'inclinò in avanti per confessare un segreto e disse con voce affilata:
"No, no. Tutto qui è traducibile in parola, persino il vostro essere evanescente e sciocco. Tutto! Le foglie, queste mani, la luna alle vostre spalle, la rugiada che cadrà tra qualche ora. Ma lo sapete che cosa mi stritola i visceri e m'affama e mi si avvinghia al collo? Voi non lo sapete perchè siete medico e uomo di scienza! Fate i vostri calcoli e decidete su dati che già esistono e si trovano sdraiati sul tavolo operatorio! Credete di studiare i miei vuoti di emozione, di rincondurre alla paura queste lotte intestine, ma non potete! Non lo potete fare perchè vorrei descrivere questo dolore e non so come fare, vorrei parlarvi della Bellezza che talvolta riesco a scorgere in una larva e mi arrivano in testa parole fabbricate da sceneggiatori di film che non contano nulla. Nulla! E mi elevo al cielo, allungo i muscoli fino a sentir salire il crampo, mi innalzo spiritualmente fino ad acuire i sensi, ma il più delle volte finisco ad abbracciare il suolo nella posizione fetale di chi nasce per la prima volta, con le ginocchia sporche di terra, gli occhi imbrattati di lacrime. Vorrei! Vorrei... tendere la mano all'infinito! All'infinito!"
"E non scrivo perché la mia ispirazione vola oltre il mio talento! Mi ammalia il cervello con pensieri di gioia, mi fa conoscere le passioni, le storie di tempi passati e poi vuole in cambio ogni cosa! E che cosa importa se io nel frattempo muoio alla ricerca del valore perfetto da dare alla parola, se nel frattempo dimentico l'esterno e gli altri per rincorrere quello che non potrò mai afferrare? Che importa!" gridava ora disperato; le mani nei capelli, poi sugli occhi, nei capelli.
"Ragazzo-disse il fantasma medico e ripeté- ragazzo, calmati. Avanti, respira".

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