27/06/12

La metamorfosi idiota (XXIV)

di Cristina Taliento

(Napoleone al passo del Gran San Bernardo, Jacques- Louis David, 1800, Musée National du Chateau de Malmaison)


Nel buio l'adolescente piangeva per la morte di Boromir. Le sue lacrime illuminate dai bagliori dello schermo. "Assassino, assassino" ripeteva all'orco che prendeva la mira con il collo dritto e un ghigno sulla faccia mostruosa. Alle sue spalle, nella camera oscurata, avanzava il fantasma con una telecamera tra le mani. Inquadrò l'adolescente e chiese con voce divertita: "Chi è Boromir?". E l'adolescente rispose in preda al pianto: "L-l-lui e-e-era il s-signore di G-Gondor". Il fantasma mentre lo filmava continuò ridacchiando: "E chi è Gondor?". Rispose tra i singhiozzi: "Nella T-Terra di M-Mezzo". Allora il fantasma annunciò con tono solenne chiudendo la registrazione: "Signori e signore oggi avete assistito alla morte di Boromir, signore di Gondor, nella Terra di Mezzo". L'adolescente soffocò le lacrime nel cuscino e si girò dall'altra parte.
"Eddai!- esclamò il fantasma vedendolo ancora così triste- tanto mica è morto davvero! Lo sai vero?" chiese poi preoccupato. L'adolescente non rispose e tirò su con il naso.
"E allora dovremmo piangere anche per Romeo? Per Giulietta? Al contrario noi non piangiamo e andiamo a quella festa del pragmatismo con i tuoi amici".
"Invece io non ci vado" disse l'adolescente severo marcando la parola "invece".
"Noto con piacere che ti sei ripreso, ragazzo!" esclamò il fantasma battendo i palmi e alzandosi.

L'adolescente pettinato si faceva largo con la spalla tra la folla di ragazzi mentre il fantasma fluttuava sopra la sua testa con una bottiglia di birra in mano e da lassù ogni tanto gridava: "Coraggio, tu sei un animale socievole". E lui rispondeva: "Tu l'hai detto e tu lo sei!". Così il fantasma restava stupito per quelle risposte sconnesse, infantili, per di più stupide e senza replicare alzava il sopracciglio destro. Ma l'adolescente era in quel momento in un altro luogo mai inventato prima d'allora. Era la sua infanzia che diveniva una pianta allungabile fatta di plastilina, il ricordo di suo nonno sotto il gelso selvatico che lo guardava da lontano e sorrideva,  il primo ritorno di un viaggio dove lui era rimasto steso sul sedile posteriore a pensare a quanto fosse bello il cielo e l'amore, il secondo ritorno in viaggio quando seduto nel caldo petrolifero di un treno d'agosto si ripeteva umiliato e sudato "non ci casco più! Giuro su Dio che quella mi ha perso per sempre, per sempre". 

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ti amo

Il Ballo dei Flamenchi ha detto...

Siamo stanchi di capire noi stessi
incannarci di coscienza per studiare l'Es.


Dove andiamo, ragazzi?
Laggiù, accanto a quel pescatore
per vedere come fa;
dipingere la nebbia
tirare sassi ai treni per un'ora
poi andarcene.
Dal telefono escono ti amo,
ma a nessuno di noi importa.




Ci chiediamo se la nostra voce
sia voce
Se il tempo che viviamo
sia tempo.


Non ci va più di investigare alla sera
nel sugo freddo dei nostri sentimenti.